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Settimana della Moda di Milano

Conclusa la Settimana della Moda di Milano è tempo di bilanci, per una città che, mai come quest’anno, ha puntato sempre di più sulle sue industrie maggiori: tessile, pelle, abbigliamento e calzature, senza sottovalutare l’importanza di un’altro settore, quello digitale, che ha supportato l’intera manifestazione sia dal punto di vista pratico che  organizzativo. Per quanto riguarda i profili ufficiali della Camera della Moda, sono  in crescita anche quelli in termini di numeri, pagine viste e followers, sopratutto per quanto riguarda il punto di vista della comunicazione con hashtag e progetti speciali studiati e organizzati da hoc dai singoli brand.

E così già si possono divulgare dati precisi in merito agli ingressi registrati: più di 8.200, con una crescita del 40% rispetto alla scorsa stagione, solo per quanto riguarda il Fashion Hub, nuova sede della camera nazionale della Moda situata presso l’Unicredit Pavillion in Piazza Gae Aulenti. Andamento positivo che si riflette  anche sull’industria moda in senso stretto che registra una crescita del 4,1% per lo più sostenuta dai mercati esteri e soprattutto Americani e Asiatici. Saranno loro forse i più amanti sostenitori del Made in Italy che in questa stagione ha parlato più che mai di estetica, sartorialità e classicità tutta italiana, ma ben radicata nell’oggi.

Caratteristiche espresse al meglio da capisaldi del fashion system italiano come Dolce & Gabbana che portano in passerella una collezione che sembra un vero e proprio specchio della bella Italia di ieri e di oggi con tanto di slogan e monumenti applicati su abiti e tailleur e modelle che si fanno selfie in passerella, o come Consuelo Castiglioni che da Marni, con le sue tuniche e i suoi abiti dall’allure geometrico, racconta una donna un po’ di nicchia, ma sempre fautrice di uno stile formale e garbato che piace molto alla donna milanese.

Ma questa è stata anche la stagione di Salvatore Ferragamo che, con Massimiliano Giornetti, è andato alla ricerca di una classicità fatta di abiti dalle forme nitide e rigorose, oppure di Gucci che con Alessandro Michele, nuovo direttore creativo del brand, riporta in auge una Maison da sempre sinonimo di eleganza sofisticata e un po’ naïf, caratterizzata da una una cura minuziosa dei dettagli e degli accessori, non a caso mondo di provenienza di Alessandro Michele all’interno della stessa Maison.

E, infine, sembra che questa sia stata la stagione dei giovani con la stending ovation a Marco de Vincenzo che con il suo stile low profile e discreto ha presentato una collezione dall’animo romantico, impalpabile e con stampe che strizzano l’occhio all’oriente e Arthur Arbesser, invece, che rompe il rigore milanese per esplorare abiti dall’appeal ingenuo, morbido, fantasioso e sporty, ed entra di diritto nel Calendario della Settimana della Moda Milanese.

 

 

 







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